L’arte di non essere governati
In Perù esiste un atteggiamento morale e politico che può essere descritto come l’arte di non essere governati, espressione coniata da Michel Foucault1 per descrivere forme di vita che resistono all’autorità istituzionale senza necessariamente sfociare nella rivolta aperta. Questa disposizione si manifesta in modo diffuso e quotidiano, attraverso pratiche sociali che sfuggono o reinterpretano la logica dello Stato moderno.
Un primo elemento fondamentale è l’informalità strutturale. Milioni di peruviani vivono, lavorano e si organizzano fuori dai canali formali: mercati, insediamenti urbani e sistemi di trasporto paralleli costituiscono un vero e proprio ordine alternativo. Qui lo Stato è spesso assente o, quando presente, viene percepito come inefficace o corrotto. Di conseguenza, la sovranità non è data una volta per tutte, ma continuamente negoziata: l’obbedienza si concede solo se utile o necessaria, mai per principio.
Questo atteggiamento affonda le sue radici anche nella storia coloniale e repubblicana del paese, che ha generato un sentimento di sfiducia verso le istituzioni centrali. Tale sfiducia si accompagna a una cultura dell’astuzia (nota come viveza criolla), che esalta la capacità di aggirare le regole per sopravvivere o trarre vantaggio individuale e collettivo.
Infine, non va sottovalutata la dimensione spirituale e comunitaria. In molte aree del paese, la legittimità non deriva dalle leggi dello Stato, ma da valori ancestrali, norme locali o credenze religiose. Questo contribuisce a rendere il Perù un caso emblematico in cui la governamentalità è costantemente rinegoziata, e dove il rifiuto silenzioso o creativo del governo costituisce una delle forme più profonde di azione politica.
Riferimento
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Michel Foucault 2004. Naissance de la biopolitique. Cours au College de France 1978-1979. HEC, Paris. ↩